Casa Cattiva


Figurazione Platonica
Una casa parametrica nella disseminazione urbana della periferia veneta.
La vasta polverizzazione delle città del Veneto assume il proprio carattere nel triste livellamento di quell’edilizia che l’ha generata fin dagli anni Sessanta. Giungla professionale per disinteressati, il contesto si esibisce oggi come un catalogo dalle fattezze omogenee dove gli unici dittonghi riguardano ossessionate campionature di cose intraviste nell’ambito di una modernità interpretata in modo equivoco. La civiltà contemporanea ha scordato la propria relazione con le geometrie dello spazio, frutto della misurazione con la realtà: la foresta, la piana, il fiume, il mare, la città. All’alba di questa nuova tempesta è da ripensare l’importanza del linguaggio come forma espressiva dell’architettura e intesa come mezzo e non come fine, capace di inquadrare di nuovo l’equilibrio tra tecnica e tecnologia. Innanzitutto, ricondurre funzione, contesto, tecnica all’interno delle forme del costruito, anzi meglio, all’interno di architettura della forma. Qui, l’esercizio ha prodotto da un esaedro regolare, contenitore ieratico in cui le rare brecce misurano distanze e rapporti compositivi tra interno ed esterno; strumento volumetrico, silenzioso ed imperturbabile, il più assoluto possibile e configurato da quel sapere quasi dimenticato che studia lo spazio e le sue figure, la geometria. I solidi, nelle loro versioni volumetriche o strutturali, ripetuti secondo una cadenza ipotattica, sono il dispositivo per raggiungere una posizione ulteriore, chiaramente oppositiva, all’interno della frammentazione contestuale, una «aspirazione a recuperare un rigore che risulti liberatorio rispetto all’empirismo dilagante» come affermava Dardi. Il basamento è principio dell’edificio, è attraverso esso che l’edificio si rapporta solidamente con la terra, frammentato in tre diversi volumi, separati da spazi che per assenza rappresentano altri volumi ipotetici. Il basamento, come in un’opera del passato, viene contagiato dalla terra e da essa trae la durezza e la fisicità della pietra. Come nei bugnati di Sanmicheli o Giulio Romano, il basamento si adorna di una sua indipendente identità formale, sia essa espressa da un enigmatico colore nero all’esterno o dal più prosaico calcestruzzo lavorato all’interno. Il piano superiore è contenuto nel solido, indifferente e opposto al tutto, appoggiato per punti ai brani murari sottostanti. Il parallelepipedo, a sezione quadrata, non plana ma si appoggia al basamento sfiorandolo, come un menhir, a manifestare la propria estraneità alle cose terrene o, forse, a voler raccontare solo sé stesso rispetto a tutto il resto. Incassato in sommità vi è un giardino segreto fatto da un lastrico di pietra, un prato e un albero di cedro, ad ampliare verso l’infinito quella casa che ai piani sottostanti rimane costretta dalle liaison dangereuse con il contesto. Il giardino pensile, quinto prospetto, scarto tecnico indirizzato ad ampliare l’abitare, come in sommità alla Torre dei Guinigi, è luogo di meditazione, isolamento e festa, inatteso territorio di meraviglie. In fondo questa casa non è solo un’abitazione, una fortezza o un’arca, ma forse solo l’ennesima ricerca di una forma di rappresentazione dell’architettura, o già affermazione dell’immanente sua vocazione a divenire primo, solitario tassello di un nuovo possibile paesaggio rivale.
Gestione del progetto
Interplan Engineering & Constructions srl
Architettura
Industria38
Michelangelo Pivetta
Marcello Verdolin
con
Vincenzo Moschetti
Edoardo Fanteria
Lapo Fuochi
Chiara Nicolis
Strutture
Ingegneria Pivetta srl
Michele Gasparini
Impianti
Mariano Bertolini
Riccardo Faccioni
Impresa costruttrice
SIX Costruzioni srl
Federico Piazzi
Impianti elettrici
Samuel Acerbi
Impianti meccanici
Maurizio Masini
Illuminotecnica
Arredoluce srl
Serramenti
SEAL Serramenti srl
Pavimenti e rivestimenti in pietra
Lavarini Primo
Fernando Lavarini
Arredi in ferro
Impuro Design srl
Giardini
Green Project
Ahamadi Abdessammad
Fotografie
© Fabio Mantovani
Anno
2019