
Michelangelo Pivetta

Marcello Verdolin
Ambiente, energia, nuove forme di socialità, gli ingombranti interrogativi sul senso della città contemporanea e sul probabile nuovo significato dei territori non-città, assediano e assillano l’architettura per come è stata insegnata e studiata. I cambiamenti culturali delle nostre società in rapidissima evoluzione pare abbiano spostato diametralmente alcuni dei presupposti ritenuti validi fino a pochi anni orsono. Così, un po’ per sfida e molto per senso etico, abbiamo voluto consolidare la nostra presenza in campo credendo che ogni energia intellettuale e professionale in questi tempi debba essere messa a disposizione. In un mondo de-industrializzato, ma che in verità ha solo subappaltato ad altri la fastidiosa e antiestetica produzione, crediamo che “industria” sia una parola a cui guardare con rispetto, non solo perché in qualche modo siamo tutti suoi figlie e figli, ma anche perché nel suo evocare una ingegnosa operatività, supporta alla perfezione la nostra idea critica nei confronti dell’edilizia e degli assunti di un costruire contemporaneo derubricato a semplice assemblaggio di parti preconfezionate. L’architettura, al contrario, riteniamo sia un fatto tecnico svolto in una prassi artistica, fine e non mezzo per costituire i nuovi paesaggi, le nuove alleanze di cui le nostre società hanno e avranno sempre più necessità quali attrezzi per sopravvivere sul Pianeta e per definirsi ancora civiltà. Ripensare le necessità collettive, inquadrandole secondo prospettive che si pongano fuori dalla narrativa consueta, all’esterno di bonus tossici, è ciò che abbiamo sempre fatto e faremo, ricongiungendoci con i principi di servizio e di progresso culturale che il progetto di architettura dovrebbe avere in sé come fondamenti. 38, infine, il numero civico che ci ospita in noi evoca il senso di quel tram di Vienna di Albert Camus, in cui la circolarità del suo procedere in qualche modo definisce il nostro modo, forse un po’ antico ma sempre valido, di pensare il tempo e la nostra presenza. Esperienze comuni, vecchie conoscenze e nuove speranze si condensano in questo contenitore di idee e opere, aspirando ad essere luogo di dialogo critico e, perché no, luogo di propagazione nel futuro del senso e del significato dell’essere architetto.